L’Autonomous Data Warehouse Cloud per una gestione migliore dei dati

By Michael Singer | Director, Product Marketing, Oracle Analytics

Oggi la componente più critica e costosa nella gestione dei dati è il lavoro manuale necessario per creare, mettere a disposizione e mantenere un database all'utente finale. Ma la gestione dei dati è fondamentale per il successo aziendale. I ricercatori di IDC rilevano un enorme vantaggio per quelle aziende che utilizzano al meglio tutti i propri dati: è stato stimato che si tratta di una cifra che si aggira intorno ai 430 miliardi di dollari in guadagni potenziali che possono essere tolti ai concorrenti meno esperti.

"Oracle ha pensato molto a come dare alle aziende la possibilità di trarre vantaggio da questo potenziale, senza aggiungere un enorme carico alle loro risorse IT. Ed è per questo che abbiamo sviluppato Oracle Autonomous Database", dice Christopher McCarthy, product marketing manager di Oracle.

Durante un webcast incentrato su Oracle "Think Autonomous", McCarthy e Barry Mostert, Senior Director of analytics product marketing di Oracle, hanno sottolineato come Oracle Autonomous Data Warehouse, abbinato alla potenza di Oracle Analytics Cloud, consenta un accesso rapido ad un sofisticato set di analisi che permette alle aziende di estrarre rapidamente i dati e prendere decisioni critiche in tempo reale.

"In ogni attività, la velocità è diventata la base necessaria per la concorrenza", dice Mostert. "Nella nostra vita privata mangiamo nei fast food, ci aspettiamo scambi veloci e guidiamo auto veloci. Ma vogliamo anche profitti e piattaforme veloci, abbiamo bisogno di processi e, naturalmente, di analisi veloci. Insieme alla velocità e alla quantità di dati in aumento, sono necessari sistemi in grado di tenere il passo con i cambiamenti e l'accelerazione della crescita a cui stiamo assistendo. Ma sappiamo anche che troppa velocità, senza una corretta pianificazione o senza capacità adeguate, può essere disastrosa".

L’Oracle Autonomous Database si concentra su tre obiettivi:

  • - Autogestione - La riduzione dei costi e l'aumento della produttività eliminano il lavoro umano necessario per l'approvvigionamento, la sicurezza, il monitoraggio, il backup, il ripristino, la risoluzione dei problemi e la messa a punto del database. Il database si aggiorna automaticamente e si rettifica automaticamente durante l'esecuzione. L'automazione dei test garantisce che tutte le modifiche siano sicure e consente inoltre di variare i calcoli o l'archiviazione senza tempi di inattività.
  • - Autoprotezione - Riduzione dei rischi grazie alla protezione da attacchi esterni e da parte di utenti interni potenzialmente pericolosi. Il sistema applica automaticamente gli aggiornamenti di sicurezza e coditica tutti i dati con una chiave crittografica senza interruzioni del carico di lavoro.
  • - Autoriparazione - Fornisce una maggiore accessibilità e automazione eliminando gli errori dell'amministratore con estrema facilità e garantisce meno di 30 minuti di inattività all'anno, compresa la manutenzione programmata.

L’ Autonomous Data Warehouse aiuta l'IT e le imprese a lavorare insieme per soddisfare le esigenze in evoluzione del loro business e supportare qualsiasi funzione chiave dell'organizzazione mentre l'Oracle Autonomous Analytics Cloud supporta qualsiasi tipo, fonte e dimensione dei dati, ed è una piattaforma unificata che consente di raccogliere ogni dato, memorizzarlo facilmente ed elaborarlo rapidamente per fornire preziose informazioni all'interno del sistema di analisi.

La testimonianza della società di autonoleggio Hertz dimostra come l’uso dell’Autonomous Data Warehouse possa ridurre la gestione della struttura IT, aumenti la sicurezza dei dati, e consenta una migliore analisi dei dati grazie all’Oracle Autonomous Analytics Cloud.

Guarda la testimonianza di Benjamin Arnulf, direttore della Business Intelligence & Analytics di Hertz, che ci parlerà della propria esperienza con l’Autonomous Data Warehouse di Oracle.

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Reggie Bradford per OracleNext

di  Roland Smart

In questo episodio di OracleNext la parola è lasciata a Reggie Bradford, Senior VP del Global Startup Ecosystem di Oracle, il programma dedicato alle startup per gli imprenditori di tutto il mondo. In precedenza, Bradford è stato CEO di Vitrue, una pionieristica piattaforma di social marketing basata sul cloud, acquisita da Oracle nel 2012, e ha ricoperto diversi ruoli chiave presso Tandberg Television, N2 Broadband e WebMD.

Il programma Global Startup Ecosystem si concentra sulla rivisitazione dell’innovazione di imprese e start-up, attraverso vere partnership di co-sviluppo e co-innovazione. Rispetto ai programmi tradizionali, quello di Oracle è nettamente diverso:

  • - non c’è bisogno di capitale proprio
  • - è gestito da un team di R&S internazionale
  • - fornisce l’accesso a Oracle Cloud in base alle competenze e alle risorse aziendali corrispondenti
  • - offre opportunità di incontro con gli oltre 430.000 clienti Oracle in 175 paesi, fornendo percorsi di crescita del business di una start-up a livello locale, regionale e globale

In qualità di fondatore/dirigente di tre start-up, Bradford è da tempo alle prese con il modello e con le sfide apparentemente inspiegabili che la maggior parte delle start-up si trovano ad affrontare. Durante l’intervista, Bradford ricorda di aver investito il 50% del proprio tempo come CEO e imprenditore nella raccolta di capitali e nella ricerca di clienti. Di fronte a questi continui problemi di suddivisione del tempo e di allocazione delle risorse, l'identificazione di strumenti ad alto valore aggiunto per accelerare i processi aziendali e per entrare in nuovi mercati (compresi quelli delle imprese) non è mai stata così critica.

In questo episodio di OracleNext scopriremo come le start-up e Oracle collaborino sul tema dell’innovazione continua; ma anche come stiano usando l'apprendimento automatico per valorizzare anche le informazioni provenienti da flussi di dati complessi. Scopriremo come le start-up del programma abbiano già generato una sostanziale spinta al fatturato e cosa porterà il futuro con l'espansione dell'Oracle Global Startup Ecosystem per coprire nuove città, industrie e tecnologie innovative.

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Oracle Cloud Day – 22 novembre 2018

Milano, 22 Novembre 2018

Noi siamo pronti e tu?

Your Tomorrow, Today

I vecchi paradigmi su cui poggiavano le strategie aziendali del passato sono stati completamente rivoluzionati dall'avvento del Cloud, soprattutto su un principio: garantire agilità e flessibilità all’impresa di oggi, eliminando il gap tra dinamicità del business e rigidità dei sistemi informativi a supporto, oramai incapaci di accompagnarne sviluppo e crescita.

Vi invitiamo alla nuova edizione dell’Oracle Cloud Day, l'esclusivo evento di Oracle dove innovazione e trasformazione digitale saranno i protagonisti e ti proietteranno nel tuo futuro, oggi. Vieni a conoscere a fondo e a vedere in azione le ultime novità in ambito tecnologico e applicativo.

I temi trattati saranno moltissimi: Blockchain, Artificial Intelligence, Machine Learning, IoT, Cloud, SaaS - e tante altre - non sono solo slogan, ma vere opportunità che accompagnano ed accompagneranno le aziende nella crescita e nell'innovazione.

Durante il Cloud Day potrai vedere come Oracle interpreta questi fenomeni e come sta supportando le aziende nella loro crescita.

Registrati per non perdere l’opportunità di scoprire come poter rivoluzionare il tuo percorso personalizzato nel Cloud!

La partecipazione è gratuita e soggetta a conferma da parte dell'organizzazione.

AGENDA

Per visualizzare le sessioni e per ulteriori informazioni, clicca qui per l'agenda dettagliata.

EXPO CORNER

- Proxima City – smart cloud city in Action

Con costruzioni Lego é stata realizzata una città in miniatura, con funzioni quali accensione dei lampioni al passaggio di vetture, controllo di disponibilità parcheggi, monitoraggio del flusso di traffico, automatismi per la gestione della spazzatura, ecc. Ideato da Oracle, il progetto contempla l’utilizzo di Cloud, Augmented Reality e Intelligenza Artificiale, abilitati da una piattaforma aperta, autonoma e sicura.

- CAR Racing - Oracle Cloud in Action

In questa demo mostreremo in modo “ludico” e “accattivante” la combinazione di diversi servizi PaaS e SaaS integrati tra loro in una completa soluzione end-2-end. Si tratta di un uso innovativo della tecnologia che include le API per “aumentare” il video game tramite una gara fisica tra macchinine. Una Customer Experience completa dove si integrano: IoT, Service, Field Service, Intelligence Chatbot, Business Intelligence e altro ancora!

- Smart Connected Factory in Action

Con la soluzione Smart Connected Factory (SCF) si dimostra come i processi di Supply Chain possono essere gestiti in modo organico, grazie a un utilizzo end-to-end delle infomazioni disponibili con applicazioni capaci di valutare scenari di ottimizzazione di ogni singola sotto-attività, così da concorrere all'obiettivo impostato in sede di pianificazione.

- Hospitality in Action

Questa demo, powered dalla nuova tecnologia Oracle Bot e da 20 altri PaaS e SaaS Oracle Services, mostra come fornire agli utenti un'esperienza di viaggio fluida: dalla prenotazione online e il check-in mobile con il riconoscimento facciale alla manutenzione predittiva basata su IoT e BigData.

- Industry 4.0 in Action

I tuoi processi sempre sotto controllo grazie al real-time IoT-based monitoring, e puoi reagire a ogni inaspettata situazione critica la predictive maintenance. Scopri come la Blockchain ti permetta di siglare i contratti con i fornitori in modo smart e tracciare le tue spedizioni in tempo reale. Sfrutta l’Augmented reality nelle procedure di manutenzione. Questo ed altro ancora!

INGRESSO ORACLE CLOUD DAY

 

MiCo Ala Sud

Ingresso Pedonale

GATE 2 > Viale Eginardo Milano

MM 5 Fermata Portello

 

Per raggiungere il MiCo clicca qui

INGRESSO ORACLE CLOUD DAY

 

Ingresso Carraio e Pedonale

GATE 16 > Via Gattamelata 16

Parcheggio a pagamento

Il costo del parcheggio è di 15 € per l'intera giornata

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Redditività maggiore con la DX

La digital transformation non è una moda del momento, di questo è convinto Neil Sholay, vice president Innovation di Oracle per l’area Emea e JAPAC (Giappone e Asia Pacifico). “Assolutamente no, non è uno scherzo, perché le aziende che hanno già attuato progetti legati all’utilizzo delle nuove tecnologie raggiungono una profittabilità superiore del 26% rispetto ad altre aziende, e una maggiore valorizzazione di mercato nell’ordine del 12%. È dunque certo che il digitale ripaghi e offra un vantaggio competitivo”.

Sempre a Sholay si deve l’espressione “il digitale è il prodotto”, coniata durante la recente edizione milanese della R&D Management Conference. Il concetto esprime il pensiero molto netto di chi ricopre un ruolo di grande responsabilità all’interno del colosso tecnologico americano e, per questo, rappresenta un esplicito invito ad agire per le aziende.

“La digital transformation è accessibile per tutte le imprese, che devono però pensare e agire da ‘technology company’, a prescindere dalle industry di appartenenza” spiega Sholay. “Alcuni mercati sono più maturi, ma è un’evoluzione obbligata per tutti. E lo dico dopo aver incontrato, negli ultimi cinque anni, le figure strategiche delle aziende, e quindi CEO, CIO e CFO, a cui ho spiegato il cammino da intraprendere e per quale motivo dovrebbero adottare determinate soluzioni per il bene del loro business”.

Il cambiamento guidato dal digitale è, sulla carta, una priorità per quasi tutte le organizzazioni, anche di medie dimensioni, in qualsiasi settore operino. Neil Sholay ribadisce infatti che “ogni settore ha capito la necessità di questa trasformazione, ora è questione di capire come intraprendere questo viaggio”.

Secondo la sua esperienza, questo discorso vale anche per l’Italia che rappresenta un mercato interessante in cui operano marchi e imprese “davvero molto agili e veloci nell’adozione del digitale”. Il settore automotive fa scuola puntando su soluzioni cloud per la gestione, in particolare, della supply chain e della customer experience, ma il settore bancario italiano resta indietro, nonostante i casi concreti di innovazione legati al digitale. Cambiando settore, invece, si può citare Moleskine come esempio di reale open innovation.

Diventare digital, per le aziende, significa investire in Internet of things, intelligenza artificiale, blockchain e machine learning. “Due anni fa – dice Sholay – la trasformazione era appoggiata agli strumenti social, al mobile, alle analytics e al cloud. In due anni, queste tecnologie sono già pervasive. Per i prossimi anni guardiamo all’edge e al Cognitive Computing, alla realtà aumentata e virtuale e alle interfacce integrate nel sistema IT che combinano il controllo del gesto e quello del tocco. Entro dodici mesi, invece, parleremo di robotic process automation, tecnologia che sta già accelerando e sarà limitata a settori molto specifici come la finanza, la manifattura e l’industria pesante”.

Le aziende, oggi, si trovano a livelli diversi di maturità nel campo della trasformazione: dalle organizzazioni ‘resister’ (il 21% del totale in Europa), che non credono nel digitale e non ne comprendono il valore, alle ‘transformer’ (18%), in cui il digitale è inserito in ambiti diversi, oltre a quello informatico, come marketing, finanza, supply chain e risorse umane. “Il grande ostacolo è la scalabilità: molte aziende dicono di credere nell’innovazione, ma poi sono poche quelle che vincono sul mercato e capiscono quali sono gli elementi per essere davvero competitivi – spiega Sholay. Per l’80% delle imprese l’innovazione è importante per market share e business model, per noi è invece sinonimo di velocità di esecuzione sul mercato”.

Ma chi, all’interno dell’azienda, deve muoversi verso l’innovazione digitale? “Non è una questione di ruolo e di titolo, ma di comprensione dell’innovazione, mindset, predisposizione e, soprattutto, velocità di esecuzione”.

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Cloud in crescita: +17,3% nel 2019 secondo Gartner

Secondo le stime di Gartner, il segmento più in ascesa sarà l’Infrastructure as-a-service e le aziende chiederanno offerte IaaS e PaaS integrate, provenienti da un unico fornitore.

Da tempo il cloud si è dimostrato uno degli elementi più importanti, se non il più importante, della trasformazione tecnologica irreversibile di aziende e utenti. La società di ricerca Gartner lo conferma ancora una volta: il giro d’affari del cloud, nelle sue componenti principali (infrastruttura, piattaforme, software e business process), raggiungerà i 175,8 miliardi di dollari nel 2018, il 21% in più rispetto ai 145,3 miliardi dello scorso anno.

La ricerca stima che questo incremento continuerà anche nel 2019, anche se leggermente rallentato (17,3%), portando il valore a 206,2 miliardi di dollari. Nel 2020 si raggiungeranno i 240,3 miliardi e 278,3 nel 2021.

Il cloud comprende IaaS (infrastruttura a servizio), PaaS (piattaforma), SaaS (software) e BpaaS (business process), ma è il Software as-a-service a rimanere l’elemento più significativo. Per il software si stima un aumento a valore del 17,8% nel 2019. Craig Roth, research vice president di Gartner, commenta così questi dati: “La crescente adozione di applicazioni SaaS e di altri servizi cloud ha impatti sulla gestione, sulla diffusione e sull’utilizzo dei contenuti aziendali. Le aziende stanno muovendo i loro ambienti di dati verso il SaaS in modo costante, ma non esclusivo”.

Il software è la prima componente considerando il valore, ma, basandosi invece sul tasso di crescita, il primato viene raggiunto dall’Infrastructure as-a-service. Gartner stima infatti un +27,6%, da un giro d’affari di 31 miliardi nel 2018 ai 39,5 del prossimo anno.

Anche il Business Process as-a-service crescerà, ma meno: 58,1 miliardi di dollari nel 2020, partendo dagli attuali 46,2. La stima per il Platform as-a-service, infine, è di un guadagno a più lungo termine: 27,7 miliardi di dollari nel 2021, partendo dal valore di 15,2 miliardi dell’anno in corso.

È interessante notare un altro aspetto emerso dalla ricerca: entro il 2022 nove aziende su dieci, tra quelle che acquistano l’infrastruttura su cloud pubblico, si rivolgeranno allo stesso fornitore per IaaS e PaaS. Sid Nag, research director di Gartner, evidenzia che “la richiesta di offerte IaaS e PaaS integrate spingerà la prossima ondata di adozione di infrastruttura cloud.” Si prevede che i fornitori di solo IaaS diventeranno operatori di nicchia, perché le aziende richiederanno offerte più ampie e sviluppate per i propri ambienti ibridi.

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Il vostro ERP Provider investe in nuove tecnologie?

By Cara Vollmer, Oracle senior content strategist

Le tecnologie emergenti basate sul cloud stanno cambiando il modo in cui le aziende operano e competono. La funzione finanziaria, in particolare, è pronta per il cambiamento. Juergen Lindner, vicepresidente del SaaS Product Marketing di Oracle, afferma infatti che i team finanziari dedicano l’85% del loro tempo a compiti manuali ad alta intensità di lavoro, lasciando quindi poco margine all’innovazione. Questa situazione si sta però evolvendo rapidamente grazie ad elementi di progresso come l’intelligenza artificiale, l’apprendimento automatico, l’automazione di processo robotica e la catena di blocco.

"La finanza è il settore in cui le nuove tecnologie possono davvero fare la differenza nel prossimo futuro", afferma Lindner. "I prossimi tre-cinque anni saranno fondamentali per la traiettoria di crescita del business".

I CFO che abbracciano ora le tecnologie cloud potrebbero portare nel prossimo decennio un boom della produttività statunitense previsto di 2.000 miliardi di dollari, se hanno una soluzione ERP cloud. Secondo un nuovo rapporto di Aberdeen Research Group, "The Future-Ready ERP Cloud: What to Expect", le aziende stanno dando priorità alla modernizzazione dei loro sistemi aziendali, realizzando che "la tecnologia è il motore del successo in tutti gli altri settori".

Non tutti i provider di ERP cloud, tuttavia, sono uguali quando si tratta di tecnologie emergenti. Nel valutare i partner cloud attuali e potenziali, i responsabili finanziari dovrebbero prendere in considerazione tre domande:

1. Quanto rapidamente è possibile sfruttare le nuove tecnologie cloud?

Il vostro ERP cloud non solo dovrebbe incorporare le tecnologie emergenti, ma dovrebbe renderle immediatamente disponibili. "Quando si seleziona un partner per l'innovazione aziendale, è necessario più di un set di strumenti", afferma Maria Jimenez, vicepresidente della Competitive Intelligence cloud per Oracle. "Hai bisogno di un valore aziendale immediato, fin dal primo giorno".

Molti provider falliscono fornendo solo la piattaforma per abilitare nuove tecnologie. Per realizzare un'applicazione redditizia, gli utenti devono spendere tempo e denaro per integrare sistemi, consulenti e persino i propri esperti.

Con Oracle ERP Cloud, le tecnologie emergenti sono incorporate nelle applicazioni, fornendo un accesso immediato ai vantaggi dell'intelligenza artificiale, della blockchain e altro ancora. "Pensiamo che la blockchain, in particolare, avrà un ruolo fondamentale nel cambiamento della finanza", afferma Lindner. "Offre un'enorme trasparenza, trasformando completamente processi come la chiusura finanziaria".

2. Il motore del cloud ERP funziona agevolmente?

La maggior parte delle persone non comprerebbe un'auto nuova fatta di parti di veicoli diversi, o una che è essenzialmente il modello dell'anno scorso con un nuovo strato di vernice lucida. Dovreste fare la stessa considerazione con il vostro ERP cloud, dice Jimenez, che esorta i responsabili finanziari a "guardare sotto il cofano" prima di impegnarsi.

"Alcuni provider sono diventati bravi a parlare", dice, "ma, quando si scava nella loro soluzione di 'nuova generazione', si trovano un sacco di applicazioni legacy accatastate insieme, o un'applicazione legacy che è semplicemente ospitata nel cloud".

Questo non funzionerà per le aziende migliori del settore, che sono alla ricerca di vere soluzioni ERP SaaS con integrazione integrata e hanno il 76% di probabilità in più di considerare questo come un elemento critico nella loro decisione di acquisto, dice Aberdeen. "Le aziende non vogliono un miscuglio di tecnologie più vecchie collegate attraverso il middleware a più punti di integrazione", afferma il rapporto Aberdeen. "Vogliono un unico fornitore con una soluzione completa sviluppata per il cloud".

Prendete Textron, un'azienda globale multisettoriale che necessitava di un sistema di gestione finanziaria moderno e scalabile. Dopo il passaggio da un sistema on-premise altamente personalizzato, vecchio di 20 anni, a Oracle ERP Cloud, Textron dispone di oltre 20 componenti che risiedono su una piattaforma di integrazione senza soluzione di continuità ed è in una posizione ideale per la crescita.

3. Il provider cloud investe davvero nelle tecnologie emergenti?

Per garantire che un fornitore di ERP possa tenervi aggiornati sulla tecnologia, prestate attenzione a quanto stanno investendo in ricerca e sviluppo. (Con una spesa annuale di R&S di 6 miliardi di dollari, l'investimento di Oracle supera la maggior parte dei suoi concorrenti).

Inoltre, cercate un partner finanziariamente sicuro, molto apprezzato nella comunità degli analisti e in grado di fornire una guida e un supporto a lungo termine per raggiungere il vostro obiettivo. Questo significa guardare oltre il back office, dice Lindner. "La finanza è un elemento centrale della business intelligence di oggi, ma abbiate la lungimiranza di scegliere un fornitore in base a come investe in innovazione".

Effetto Millennials nella moda

Realtà aumentata, assistenti vocali, negozi senza commessi, riconoscimento facciale, e-payment: questi i risultati del Lanieri Fashion Tech Insight 2018.

di ANDREA FROLLA'

I Millennials amanti della moda apprezzano sempre di più negozi self-service, assistenza vocale e realtà aumentata, senza dimenticare la frontiera del riconoscimento facciale. Si ha quindi la convinzione che il fashion sarà un settore sempre più influenzato dall’impatto delle nuove tecnologie. Con il pagamento digitale che conferma la sua considerevole importanza sugli acquisti. Dal Lanieri Fashion Tech Insights 2018, il report annuale sui trend tecnologici in ambito moda, realizzato dall’Istituto Piepoli, emergono queste indicazioni.

I Millennials dominano il contesto evolutivo, soprattutto quando si parla di innovazione digitale. Il 60% dei nati tra gli anni Ottanta e il Duemila, i più avvezzi al progresso tecnologico, ritiene che in futuro saranno sempre più incisivi realtà aumentata, chatbot e altre tecnologie. Ma i Millennials sono anche molto più propensi alla multi-canalità, quando si tratta di acquistare abbigliamento, rispetto al campione totale degli italiani. Non emergono infatti grosse differenze tra desktop, mobile e negozio, ma prediligono l’interazione tra essi. Il 31% dei Millennials compra infatti sia in store sia sul web (il campione totale si ferma al 21%). Non si può però dire che il negozio tradizionale risulti sconfitto dai nuovi canali: solo il 17% dei più giovani lo sceglie in esclusiva, ma la percentuale sale al 69% se si considerano le persone di età superiore ai 54 anni.

A generazioni diverse corrispondono abitudini diverse, ma anche diverse aperture al futuro. Se per un pesante 49% degli italiani quello dell’addetto alle vendite resta un ruolo fondamentale, senza il quale non effettuerebbe acquisti, il 38% gradisce invece un punto vendita dove comprare autonomamente, con il solo ausilio del proprio smartphone. Per i Millennials, però, la tendenza è opposta: il 58% farebbe shopping in negozio, ma senza casse e commessi. E il 33% aumenterebbe addirittura i propri acquisti in negozio del 50%, se potesse farli in queste condizioni. I risultati sono molto simili se si guarda al riconoscimento facciale, tecnologia utile per offrire un servizio personalizzato, sia online che nel punto vendita, ma anche per suggerire all’utente capi e accessori in base ad abitudini e comportamenti. Resta però una tecnologia utile per migliorare la shopping experience online (30%) e offline (32%) solo per il 62% dei Millennials, perché la metà degli italiani non la utilizzerebbe per via della privacy.

Quasi la metà dei consumatori italiani (44%) apprezza la realtà aumentata. Percentuale che aumenta (65%) per i Millennials. Altra tecnologia presa in considerazione è l’assistenza virtuale con i chatbot, che guidano il consumatore come veri e propri personal shopper. Il 23% indica come caratteristica più gradita di questo strumento hi-tech la possibilità di trovare prodotti e finalizzare l’acquisto rapidamente, il 18% il migliore e più diretto servizio al cliente e il 14% la customer experience più efficiente nel punto vendita e personalizzata in base ai propri gusti. D’altra parte, però, una considerevole parte della popolazione italiana non ha ancora dimestichezza con queste tecnologie. Il 41% degli intervistati, infatti, si ritiene poco informato per poter rispondere a domande sui benefici degli assistenti virtuali.

Viene infine confermato l’effetto traino dei pagamenti digitali. Si pensi al caso delle cripto valute: il 79% degli italiani non le possiede e dichiara di non esserne interessato, ma ci sono buone possibilità che in futuro abbiano un impatto importante sulle abitudini di acquisto nel mercato del lusso e della moda di alto profilo. Il report afferma, più in generale, che la diffusione di metodi di pagamenti digitali innovativi accrescerebbe considerevolmente la propensione all’acquisto per metà del campione intervistato. Come sottolineato più volte, è ancora la fascia dei più giovani a pesare maggiormente in positivo. Un Millennials su tre, infatti, aumenterebbe i propri acquisti del 50%, se potesse utilizzare modalità di pagamento all’avanguardia.

Il rapporto Lanieri-Piepoli aggiunge la blockchain come altro fenomeno destinato ad entrare nel dibattito fashion, giudicandola in modo positivo per la crescita del Made in Italy. Informazioni riguardo l’autenticità o l’imitazione di un capo d’abbigliamento, se è stato rubato, dove è stato realizzato e la storia generale del prodotto vengono fornite con assoluta certezza ai clienti dai microchip che usano la blockchain. Tutti questi dati potranno essere consultati dallo smartphone e il 19% degli intervistati ritiene che ciò aiuterà a prevenire la contraffazione e verificare la provenienza dei materiali. Sempre presente l’attenzione alla privacy: il 21% del campione reclama una maggiore protezione dei dati quando si effettuano pagamenti online e il 19% che i dati personali non siano condivisi a terzi senza il proprio consenso.

“Lo studio ha evidenziato consumatori sempre più attenti a una shopping experience innovativa, dove le tecnologie emergenti stanno passando da una dimensione di nicchia a fenomeni in grado di condizionare le dinamiche di acquisto di milioni di persone”. Commenta così Simone Maggi, il CEO di Lanieri. “Abbiamo puntato fin da subito su un approccio ibrido fashion-tech applicato alla qualità del Made in Italy. E con scelte pioneristiche come l’apertura ai pagamenti in Bitcoin vogliamo dare un contributo all’evoluzione dell’intero settore. Si tratta di una rivoluzione agli inizi, ma che sta già dando ottimi risultati sia sul mercato domestico sia, in particolare, sull’export. Per questo è fondamentale che ad abbracciarla siano tutti gli attori del sistema moda italiano”.

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I 4 vantaggi chiave del cloud per finanza e risorse umane

By Indy Bains, Senior Director of Oracle Cloud Business Group

Il Finance potrebbe essere il responsabile dei risultati, ma tutti sanno che è il business a dare inizio a tutto il processo di generazione del valore. Partendo dalle persone, bisogna assicurarsi che siano quelle giuste per l’organizzazione, con le competenze necessarie per aiutare l'azienda a raggiungere i suoi obiettivi. In molte aziende, quindi, finanza e risorse umane sono strettamente interconnesse.

Non sorprende quindi che un sondaggio del 2017 del MIT (MIT Technology Review Custom Report) abbia riportato che il 35% delle aziende prevedeva di creare una funzione condivisa di finanza e risorse umane entro l’anno successivo.

La finanza e le risorse umane condividono esigenze tecnologiche comuni, tra cui:

  • - una visione olistica del ruolo, delle responsabilità e degli obiettivi di performance di ogni dipendente
  • - la capacità di rimanere aggiornati e reattivi alle migliori pratiche in evoluzione
  • - processi semplificati e livelli di automazione più elevati

Con queste similitudini, è assolutamente sensato che la finanza e le risorse umane debbano funzionare su un'unica soluzione cloud unificata. Il calcolatore dei benefici finanziari e delle risorse umane di Oracle è stato sviluppato appositamente per aiutare i responsabili delle finanze e delle risorse umane a determinare i potenziali benefici di una piattaforma unificata in quattro aree chiave.

1. Aumento della produttività

Una piattaforma condivisa di finanza e risorse umane, con la capacità di aumentare i livelli di automazione, consentirà al personale di ridurre il tempo dedicato a lavori ripetitivi e di basso valore (come l'inserimento dei dati o l'elaborazione delle transazioni) e di concentrarsi sulle aree che guidano la crescita del business. Il risultato: l'azienda acquisisce l'opportunità di costruire nuove competenze, scoprire nuovi modi per reclutare e trattenere i migliori talenti, analizzare le prestazioni individuali, identificare le priorità strategiche e consigliare l'organizzazione sui passi successivi.

2. Gestione efficiente dei dati

Dall’esperienza di lavoro a stretto contatto sia con la finanza che con le funzioni HR, Oracle ha identificato una moltitudine di punti di contatto (34 all'ultimo conteggio) tra i due ambiti. Prendendo il semplice esempio del reclutamento di un nuovo dipendente, sia le risorse umane che la finanza devono contenere informazioni sulla linea di business della nuova assunzione, a chi riportano, il loro ruolo, il centro di costo e lo stipendio. Un cloud condiviso con un modello di dati comune rende ciascuna di queste fasi facile e veloce, senza duplicazione del lavoro necessario, assicurando un minor margine di errore umano e più facile condivisione dei dati tra i reparti.

Oracle Cloud estende in modo unico il valore del modello comune di dati oltre la finanza e le risorse umane nei processi di approvvigionamento, gestione dei progetti, supply chain e vendita. Si tratta di un cambiamento per le organizzazioni, che in precedenza dovevano accontentarsi di modelli di dati frammentati da soluzioni multiple cloud o on-premise.

3. Infrastruttura ottimizzata

Sebbene la maggior parte degli intervistati al sondaggio del MIT preveda benefici reali nel passaggio al cloud, il 41% di loro ha citato le sfide di integrazione come la principale barriera alla migrazione. Potenziali problemi potrebbero, ad esempio, risiedere nell'integrazione di nuove tecnologie con i sistemi già presenti in azienda. Ma c'è anche il coordinamento di più fornitori da prendere in considerazione.

L’ottimizzazione inizia con un unico fornitore cloud, piuttosto che con più provider per le diverse funzioni aziendali.

4. Miglioramento delle decisioni strategiche e della pianificazione

Grazie all'accesso in tempo reale a dati completi, senza errori, attuali e altamente condivisibili, i dirigenti delle finanze e delle risorse umane sono meglio informati e possono avere la certezza assoluta che i report saranno rapidi e affidabili. Il processo decisionale viene quindi migliorato, le previsioni sono più accurate e la pianificazione strategica meglio allineata ai driver di business appropriati.

Un ulteriore vantaggio di un cloud unificato di finanza e risorse umane è il continuo accesso alle più recenti innovazioni tecnologiche attraverso semplici aggiornamenti. Ciò significa che i team delle due funzioni possono tenere il passo con il cambiamento senza sforzo. Un enorme 90% degli intervistati del sondaggio del MIT ha dichiarato che le loro iniziative cloud hanno dato loro una maggiore agilità davanti alle opportunità e alle sfide del mercato.

Come è possibile calcolare i vantaggi, per la vostra organizzazione, del passaggio ad una piattaforma cloud unificata per HR e finanza?

Aggiungendo semplicemente alcuni dettagli aziendali nel calcolatore unificato dei benefici per finanza e risorse umane di Oracle e potrete calcolare l'impatto potenziale sulla vostra attività in tutte e quattro le aree sopra descritte. È possibile inserire tutti i dettagli che si desidera, ma quanto più si fornisce, tanto più accurato sarà il report risultante. Il vostro report personalizzato sarà accompagnato da link a letture utili, video e infografiche per aiutarvi a costruire un caso convincente.

I servizi Autonomous e Secure Cloud

By Mike Faden

Le violazioni di alto profilo hanno portato la sicurezza in cima all'agenda di molte organizzazioni, poiché la combinazione di attacchi, sempre più veloci e dannosi, ambienti tecnologici sempre più complessi e requisiti normativi sempre più rigorosi continua a creare nuove sfide alla sicurezza.

"Gli attacchi di oggi sono ampi e variegati", afferma Vipin Samar, Senior VP della divisione Database Security di Oracle. "Si va dall'individuazione dell'infrastruttura e dei database al targeting per le applicazioni e gli utenti".

Ciò significa che per proteggere le risorse informative vitali, le aziende hanno bisogno di controlli a più livelli in tutto il loro ambiente, sia nel cloud che nei locali. "Agli hacker basta riuscire a violare i sistemi solo una volta per entrare", afferma Samar, "ma le aziende devono mantenere sempre un alto livello di guardia per evitare una violazione dei dati". L'unico modo per fare questo e mantenere i nostri dati al sicuro è attraverso una difesa all’avanguardia, con controlli multipli, diversi livelli di sicurezza, automazione, best practice e un'infrastruttura sicura".

Garantire controlli completi ed efficaci può essere una sfida; per affrontarla, le soluzioni Oracle di Autonomous Database, Cloud e PaaS, garantiscono livelli di sicurezza integrata molto validi. Le soluzioni per la sicurezza dei database e per la gestione degli accessi sono in grado di supportare gli IT manager in questo difficile compito.

Il database protetto

Per le organizzazioni che collegano le loro soluzioni SaaS e PaaS di Oracle, la sicurezza inizia con i servizi Cloud Oracle Database. Come ha già chiarito Samar, gli hacker spesso prendono di mira i database perché è lì che risiedono i dati più sensibili dell'organizzazione.

La protezione fornita dai servizi cloud Oracle Database, incluso Oracle Autonomous Data Warehouse, inizia con la crittografia dei dati. "Criptiamo i tuoi dati ovunque, sia che si trovino nel traffico SQL*Net, sia che si tratti di dati in tabelle o file di backup", afferma Samar. La crittografia non può essere disattivata e le chiavi di crittografia vengono gestite automaticamente.

Anche se la crittografia è uno strumento essenziale - impedendo agli hacker di accedere direttamente ai dati grezzi – non è in grado da sola di proteggere l’intera organizzazione. Se le aziende non modernizzano i sistemi con tutti gli ultimi aggiornamenti del caso, potrebbero affrontare seri problemi. "Per molte organizzazioni le patch sono il problema principale; è con questo che stanno lottando".

Con i servizi cloud Oracle Database, le patch di sicurezza vengono applicate automaticamente ogni trimestre o quando necessario, riducendo la finestra di vulnerabilità. "Con applicare le patch, intendiamo l’intero aggiornamento di sistema, inclusi il firmware, il sistema operativo, il clusterware e il database", afferma Samar. "Applicando le patch in modo continuo attraverso i nodi di un cluster, non ci sono tempi di inattività delle applicazioni". Questo solleva un onere enorme dalle spalle degli amministratori di banche dati, che possono quindi dedicare più tempo a concentrarsi su altri aspetti della sicurezza e della gestione dei dati. I servizi Oracle Autonomous Database Cloud, inoltre, monitorano continuamente le azioni dell'amministratore del cloud per qualsiasi attività anomala, e le politiche predefinite per la verifica del database sono attivate di default.

Proteggere i dati sensibili

"La sicurezza è una responsabilità condivisa", afferma Samar: "anche se Oracle automatizza funzioni come la crittografia e le patch, le organizzazioni sono ancora responsabili di funzioni di sicurezza specifiche dell'azienda, come la sicurezza degli utenti e la protezione adeguata dei dati sensibili. Per facilitare questi obiettivi, Oracle fornisce un'ampia gamma di funzioni e strumenti progettati per aiutare a valutare e controllare la sicurezza dei database".

Tra questi c'è un tool Gratuito, il Database Security Assessment Tool (DBSAT), che analizza la banca dati e riporta i risultati, come i dati sensibili memorizzati, gli utenti con ruoli e privilegi, e le impostazioni di configurazione. Ad esempio, DBSAT scopre e segnala i dati sensibili delle cartelle sanitarie e delle carte di credito. "Molte persone non sanno davvero quanti dati sensibili possiedono e quanto sia sicuro il loro database", afferma Samar. "È meglio valutare la sicurezza del proprio database prima che gli hacker lo facciano per te". "Una volta che lo strumento ha identificato potenziali problemi, fornisce raccomandazioni per risolverli", aggiunge Samar.

Molteplici funzioni dei servizi cloud Oracle Database consentono un controllo dettagliato dell'accesso ai dati; ad esempio, il mascheramento dei dati rimescola o nasconde i dati sensibili. Per i test e l’ambiente di sviluppo, "anche se gli hacker avessero successo, ottengono falsi risultati", dice Samar. La redazione dei dati consente alle organizzazioni di limitare chi può visualizzare dati sensibili come i numeri di sicurezza sociale. Oracle Virtual Private Database e Oracle Label Security consentono di controllare quali dati gli utenti possono vedere a seconda del proprio profilo, riducendo il rischio di minacce interne ed esterne.

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Yamamay & “The Breath”, un cartellone anti inquinamento per l’autunno

[copywright: www.varesenews.it]

Yamamay, brand del gruppo Calzedonia, lancia la campagna autunno-inverno utilizzando un cartellone “ambientalista”. Sulla facciata principale della sede di Gallarate è stato affisso il cartellone pubblicitario, realizzato con l’innovativo tessuto The Breath. Nato da una ricerca italiana, il tessuto purifica l’aria trattenendo e disgregando le particelle nocive nell’aria prodotte da auto, riscaldamento ed emissioni.

Le nano-molecole, presenti nelle maglie del tessuto dove passa l’aria, catturano e disgregano gli inquinanti industriali. L’affissione di 144 metri quadrati eliminerà, nell’area circostante, le emissioni inquinanti di un anno di 18.792 auto a gasolio, 46.980 a benzina e 193 caldaie.

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Oracle Internet Intelligence Map

L’Internet Intelligence Map di Oracle è uno strumento online con il quale si verifica in tempo reale lo stato di salute di Internet e l’impatto che avrebbe su scala globale un blocco della disponibilità della rete, con lo scopo di superare questi pericoli.

I punti critici sono messi in evidenza dal tool, disponibile online, e rappresentano i casi in cui si manifestano disastri, attacchi informatici o iniziative locali di chiusura della rete. Avrete a disposizione informazioni concrete sugli impatti che si potrebbero avere sul resto del pianeta. Un’unica dashboard mostra le statistiche sulla connettività per ogni paese basate su query, BGP e DNS che danno la possibilità di intervenire proattivamente, ideare strategie per ovviare ai problemi di connettività e limitare i danni.

Con Internet Intelligence Map, Oracle va ad ampliare la gamma di strumenti per migliorare l’esperienza del cloud, aumentandone la sicurezza e l’affidabilità.

Il rilancio del fashion e lifestyle italiano

Quanto viene sfruttato il digitale dai grandi marchi italiani? Poco; a rivelarlo è una ricerca presentata al Netcomm Focus Fashion & Lifestyle di Milano, in cui troviamo anche diversi esempi e consigli utili per creare nuovi servizi ai clienti sfruttando dati, cloud, AI e realtà virtuale.

di Piero Todorovich

Le aziende di moda e lifestyle sono molto importanti per il made in Italy, ma l’utilizzo delle tecnologie digitali non è ancora avanzato come dovrebbe. Dalla seconda edizione del Focus Fashion & Lifestyle, evento milanese di metà luglio organizzato da Netcomm, in collaborazione con Google e altri partner, con lo scopo di analizzare lo stato d’innovazione del settore a livello italiano e internazionale, è emersa questa situazione.

“Il numero degli e-shopper è cresciuto a livello globale da 1,77 miliardi del 2017 a circa 2 miliardi nel 2018 per un valore totale che quest’anno toccherà i 2.800 miliardi di dollari [fonte Statista, ndr]. Un terzo della popolazione mondiale compra online e di questo terzo, più della metà lo fa nell’ambito della moda e del lifestyle”. Queste le parole di Roberto Liscia, presidente di Netcomm, ma che il numero di persone che si affidano agli acquisti online sia sempre in aumento non è una novità.

”La spesa nell’e-commerce per abbigliamento, scarpe e accessori ha raggiunto i 435 milioni di euro a livello mondiale, con la prospettiva di una crescita del 12% annuo fino al 2022, creando un nuovo contesto competitivo in cui l’innovazione digitale farà la differenza anche per le aziende italiane”. Questo significa “cambiamento dei prodotti, nuovi servizi, sistemi virtuali e weareable che producono informazioni e cambiano le modalità di contatto con il cliente”. Il 63% degli acquisti avviene ancora in maniera tradizionale, quindi i negozi non scompariranno, ma sarà necessario ricorrere a più tecnologia per migliorare l’esperienza del cliente. “Negozio, e-commerce, comunicazioni social devono essere integrati in ottica omnicanale per rispondere alle nuove attese dei consumatori”. Il 54% degli acquisti online si verifica in Cina, quindi è di vitale importanza l’internazionalizzazione anche per le realtà più piccole che operano nel settore.

La digitalizzazione che serve al business

Le aziende del fashion e del lifestyle non possono seguire un unico percorso per ogni brand o tipologia di cliente nel processo di digitalizzazione, ma in comune hanno la necessità di un approccio omnicanale verso i clienti, il miglioramento dei programmi di fidelizzazione e dell’esperienza in negozio per poter personalizzare le offerte real time, garantendo che sia i prodotti che i pagamenti immediati siano disponibili.

Il 60% dei rispondenti ad un’indagine McKinsey, rivolta ai professionisti del settore, è d’accordo sulla necessità di investire nell’integrazione omnicanale e nel marketing digitale. Il 34% investirebbe in CRM e programmi di loyalty, il 26% nel brand building e nella difesa del prezzo, mentre l’investimento IT per digitalizzare la value chain è sostenuto dal 24%.

“L’investimento IT è un fattore cruciale per consentire la disintermediazione nella vendita, raccogliere grandi quantità di informazioni sui comportamenti e desideri dei clienti con cui creare offerte più coerenti – spiega Liscia -. Le tecnologie consentono di digitalizzare tutta la catena del valore rendendo i processi più efficienti e rapidi”. In ogni strategia omnicanale, i pagamenti digitali sono un aspetto centrale: “Sono il mezzo più semplice per identificare il cliente e ottenere dati utili per mapparne le abitudini e gestire meglio la relazione”.

Marc Sondermann, CEO & Editor-in-chief di Fashion Magazine ed eBusiness Magazine, spiega la necessità di una accelerazione delle aziende italiane nella corsa verso la digitalizzazione. “Serve compiere un doppio salto di qualità, cambiando pelle, integrando il negozio fisico con l’online, impegnandosi per ottenere la massa critica necessaria a essere visibili a livello mondiale nelle nicchie d’interesse. La chiave di volta è nel roll-out delle competenze digitali per aumentare la reattività dell’impresa, mettere al centro il cliente e sfruttare le modalità digitali di comunicazione”.

Esempi di utilizzo delle tecnologie vengono offerti dall’ Industry Head Retail di Google Italia, Alessandra Domizi: “Digital assistant e intelligenza artificiale consentono di consigliare il consumatore, anticiparne e predirne i bisogni. Le impiega Zalando nel nuovo servizio Gift Finder che offre consigli a chi deve fare un regalo”. Il digitale aiuta l’industria del fashion a rendere l’offerta personalizzata “proponendo i capi che sono più adatti allo stile di vita dei clienti, oppure fatti su misura”.

La raccolta e l’elaborazione di dati in tempo reale permette di ridisegnare la catena del valore, fare offerte lampo, offrire capi simili a quelli che i visitatori vedono e fotografano in strada, sfruttando il riconoscimento d’immagine di Google Lens. Domizi riporta anche l’esempio della realtà aumentata, che offre ai clienti l’immagine dei capi indossati. “Ralph Lauren, in collaborazione con Oak Lab, ha creato un camerino digitale che, attraverso un lettore RFID delle etichette e uno schermo, mostra al cliente i capi simili o di differente colore rispetto a quelli provati, aiutando gli assistenti di vendita ad essere tempestivi”. L’impegno di Google nel settore della moda, però, non si limita allo sviluppo di applicazioni innovative basate su tecnologie AI e cloud, ma si impegna anche sul fronte della valorizzazione culturale attraverso contenuti divulgativi multimediali, realizzati in collaborazione con collezioni, musei e fondazioni di 40 Paesi, una decina dei quali italiani (Milano, Torino, Firenze, Roma e Venezia).

La situazione del mercato digitale e del “made in Italy”

“La penetrazione dell’e-commerce sul totale della spesa retail vale in Italia solo il 5% contro il 25% della Germania. Soltanto il 28% di chi compra nel fashion dichiara di farlo prevalentemente online, contro il 40% dei residenti USA”; queste le parole di Lars Feldscher, direttore di Atound Commerce per l’area Dach (Germania, Austria, Svizzera) da cui notiamo la differenza tra Italia e altri Paesi nel campo dell’e-commerce.

Il 61% degli italiani che acquistano prodotti fashion, inoltre, trovano poco piacevole l’utilizzo dei canali online, a differenza degli statunitensi che si fermano al 46%. “in compenso risultano più attivi nell’uso del cellulare per cercare o acquistare [70% contro il 58% dei tedeschi, ndr]. Gli e-shopper italiani hanno particolare predilezione per Amazon [il 49% realizza più di un quarto dei propri acquisti fashion, contro il 32% dei tedeschi, ndr] e usano i social per comunicare con le aziende [60%, contro il 50% degli statunitensi e il 48% dei tedeschi ndr]”. Netcomm e ContactLab hanno analizzato la competitività digitale di 19 brand italiani, basandosi su 180 parametri indicativi della “digital reach” (ossia la presenza strategica dei brand sui mercati e-commerce mondiali, principali e-tailer, ampiezza di gamma, attività di engagement e altri) e della “digital customer experience” (come qualità ed efficacia della navigazione sui siti, funzionalità delle app, procedure di acquisto online, servizi cross-channel). Pinko risulta dall’indagine come il brand più competitivo, piazzandosi bene in tutti i parametri considerati. Furla si classifica in seconda posizione, eccellendo nella “digital reach” (alto livello di globalizzazione dei servizi in Europa, Asia e USA). Il marchio Patrizia Pepe è invece al terzo posto per livello di interazione digitale offerta ai clienti. Marco Pozzi, Senior Advisor di ContactLab, spiega che “tutti i 19 marchi esaminati risultano attivi sui canali social, alcuni anche per la vendita diretta tramite Facebook e Instagram. Sono invece deboli nel supporto cross-canale”. Pozzi nomina la possibilità di ritirare, cambiare o restituire in negozio i prodotti acquistati online come servizi cross-canale più importanti. Infine, sempre secondo il Senior Advisor, molte aziende del fashion italiane, tra quelle che vendono online, non valorizzano a sufficienza la provenienza italiana delle merci e la realizzazione artigiana.

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