La guerra dei Bot colpisce anche la finanza

By Tansy Brook, DIRECTOR OF PRODUCT MARKETING

“Se i nostri dati saranno attaccati - da robot, botnet che colpiscono le nostre applicazioni nel cloud – ci dovranno essere i nostri robot contro i loro. Questo è ciò che stiamo facendo: usare i nostri bot per rilevare queste minacce e porvi rimedio automaticamente, senza intervento umano.”

Questo il commento di Larry Ellison, Presidente e CTO di Oracle, durante l’annuncio dell’Autonomous Database Cloud di Oracle. Ma sono parole che valgono sia per la finanza (e altre aree aziendali), che per la sicurezza informatica. I ladri informatici usano computer e applicazioni per attaccarne altri. L’FBI afferma che il ransomware, caso in cui i ladri bloccano i sistemi e richiedono un riscatto per sbloccarli, è la minaccia malware in più rapida crescita. Applicazioni sempre più sofisticate vengono elaborate dagli sviluppatori di malware, ma viene fatta anche pubblicità nel “dark web” per le armi noleggiate per distribuire queste applicazioni. Con ogni attacco, gli sviluppatori ottengono un riscatto.

Chiaramente, chi usa la tecnologia per scopi positivi, ha bisogno di maggiore sicurezza. La sola intelligenza umana non è sufficiente per vincere la guerra della sicurezza informatica.

 

Bot buoni vs. Bot cattivi: la nuova realtà della sicurezza dei dati

In questo momento, molte aziende sono reattive quando i loro dati vengono esposti accidentalmente o rubati. Elaborano ed applicano soluzioni software o creano misure di sicurezza alternative dopo l’evento dannoso. Questa strategia, però, non riesce a fermare le violazioni che stanno danneggiando le aziende, causando perdita di denaro, produttività e fiducia.

Rivelare l’anomalia con l’apprendimento automatico è invece più efficace perché proattiva e in grado di individuare una minaccia prima che diventi un vero crimine. Non è necessario l’intervento umano nel processo, perché la rilevazione di nuove anomalie avviene attraverso server e applicazioni, lasciando così più tempo da dedicare all’analisi di attività insolite di più alta priorità.

Con l’Autonomous Database Cloud, Oracle ha aperto nuove strade nella sicurezza in cloud. Si tratta di un database che esegue continuamente patch, tunes, backup e aggiornamenti senza intervento manuale e con i sistemi ancora in funzione.

Gli esseri umani svolgono ancora un ruolo importante nel processo di sicurezza, ma l’automazione lo rende strategico e proattivo. L’intelligenza umana, infatti, amplifica quella delle macchine, riuscendo a giudicare meglio un comportamento minaccioso e a rispondere di conseguenza.

Le applicazioni intelligenti possono combattere la criminalità informatica

Le stesse potenzialità autonome e intelligenti possono essere integrate nelle applicazioni cloud.

La finanza è un buon esempio. Le implementazioni ERP in cloud sono rese più sicure da applicazioni come Risk Management Cloud di Oracle, che monitorano e prevengono gli accessi sospetti. Risk Management Cloud fornisce anche una preziosa conoscenza contestuale del rischio che aiuta a semplificare e rafforzare il processo decisionale in materia di certificazione e conformità. Questa assistenza intelligente può essere particolarmente utile per le aziende decentralizzate che operano in più mercati e quindi con requisiti di conformità altamente variabili.

Il nuovo regolamento per la protezione dei dati dell’Unione Europea (GDPR), per esempio, si applica a tutte le imprese che forniscono servizi all’UE o che gestiscono i dati personali di persone residenti in UE. Si parla di 7,8 miliardi di dollari che le 500 imprese più grandi del mondo stanno valutando di spendere per conformarsi al GDPR. Sapere quando il regolamento viene applicato e quando no può aiutare le aziende ad adottare protocolli più mirati e a spendere meno.

Allo stesso tempo, l'automazione stessa può aiutare a proteggere i dati a livello applicativo semplicemente riducendo o eliminando un punto di contatto umano. Con un’elaborazione standard e funzionante in backgroud con l’automazione, si riducono le possibilità di esposizione o condivisione dei dati, sia volute che accidentali.

Operazioni di contabilità generale, esborsi di cassa, gestione delle entrate, controlli finanziari e reporting esterno: queste funzioni finanziarie sono le migliori candidate ad essere completamente o altamente automatizzate, secondo una ricerca del McKinsey & Company Global Institute.

L’area della finanza diventa parte integrante nell’anticipazione della prossima minaccia alla sicurezza. Non solo custodisce dati di pianificazione e prestazioni di grande valore, ma gestisce anche diverse attività interessanti per chi cerca di minare la sicurezza di un’azienda.

Come anticipare la prossima minaccia alla sicurezza

Aggiungere assistenza intelligente e automazione ai database e alle applicazioni cloud è la soluzione migliore da adottare per sfruttare il potenziale delle persone e delle macchine. I ladri utilizzano tecnologie sofisticate per attaccare server e applicazioni, la risposta delle aziende deve quindi essere la stessa.

Anticipare le minacce è la chiave per vincere la guerra della sicurezza informatica e l’apprendimento automatico lo rende possibile.

Presentazione di Java SE 11

By Sharat Chander, director of Java SE product management

Negli ultimi mesi, Oracle ha annunciato delle modifiche per l’evoluzione della piattaforma Java. Questi i progressi inclusi:

1. Aumentare il ritmo e la prevedibilità delle release

Dalla release Java 9, la piattaforma è passata ad una cadenza di rilascio di sei mesi, consentendo agli sviluppatori un accesso più rapido ai continui miglioramenti. Ogni anno le nuove versioni verranno rilasciate a marzo e settembre, consentendo così un cambiamento più misurato e prevedibile.

2. Rendere Java ancora più accessibile

Per migliorare la produttività della fase di sviluppo, Oracle ha adottato caratteristiche commerciali open source che in precedenza erano ottenibili solo con una licenza a pagamento. In questo modo si crea maggiore allineamento e intercambiabilità tra le versioni Oracle JDK e Oracle OpenJDK. Le precedenti configurazioni, ora disponibili in OpenJDK, includono Application Class Data Sharing, Project ZGC, Java Flight Recorder (JFR) e Java Mission Control (JMC). Oracle ha recentemente annunciato che renderà disponibile il download separato della tecnologia JMC per supportare sia gli utenti su OpenJDK sia quelli su Oracle JDK.

3. Introdurre la sottoscrizione Java SE

Durante l’estate Oracle ha annunciato la possibilità di abbonarsi al servizio Java SE. Con questo nuovo modello, sarà disponibile tutto il supporto necessario per i milioni di aziende in tutto il mondo che utilizzano Java in produzione. La sottoscrizione completa l’offerta gratuita di lunga data di Oracle OpenJDK, abilitando gli sviluppatori e le aziende che non hanno bisogno di supporto commerciale. Java 10 è stata la prima release da quando è stata introdotta la cadenza semestrale. Ora, a sei mesi dal rilascio, Oracle presenta Java 11.

Ora JDK sarà disponibile sia per OpenJDK utilizzando l’open source GNU General Public License v2, con la Classpath Exception (GPLv2+CPE), ma anche come licenza commerciale per coloro che utilizzano JDK come parte di un prodotto o servizio Oracle o che non vogliono usare software open source. Questo doppio approccio va quindi a sostituire la storica licenza “BCL”.

Gli utenti possono quindi avvalersi della versione di Java 11 che più si adatta alle loro esigenze:

  • - Java 11 è una release di supporto a lungo termine (LTS). Ciò significa che coloro che hanno una struttura IT che necessita un support a lungo termine possono veicolare Oracle JDK attraverso la sottoscrizione di JAVA SE. Gli utenti possono ottenere aggiornamenti sulla release Java 11 per almeno otto anni. La sottoscrizione fornisce l’accesso a prestazioni testate e certificate, stabilità e aggiornamenti di sicurezza per Java SE, direttamente da Oracle. Include inoltre l’accesso a My Oracle Support (MOS), supporto in 27 lingue e, tra gli altri vantaggi, gestione, monitoraggio e funzionalità di implementazione di Java SE 8.
  • - Gli utenti che invece preferiscono un accesso rapido ai nuovi miglioramenti possono continuare ad utilizzare la versione OpenJDK di Oracle.

Java 11 fornisce numerosi miglioramenti. Tra cui, riteniamo che questi siano i più significativi:

  1. JEP 321 – HTTP Client (Standard): standardizza l’HTTP Client API incubato, introdotto in JDK 9, mediante JEP 110 e aggiornato in JDK 10.
  2. JEP 328 – Java Flight Recorder (JFR): fornisce un motore di registrazione dei dati ad alte prestazioni e un quadro di raccolta dati a bassa visibilità per la risoluzione dei problemi delle applicazioni Java.
  3. JEP 330 – Lancio di programmi a codice sorgente a file singolo: questo miglioramento agevola sia gli utenti Java più veterani che i nuovi, perfezionando il lancio per eseguire un programma fornito come singolo file di codice sorgente Java, incluso l’utilizzo dall’interno di uno script e/o di tecniche correlate.
  4. JEP 332 – Transport Layer Security (TLS) 1.3: è un’importante revisione del protocollo TLS e fornisce significativi miglioramenti in termini di sicurezza e prestazioni rispetto alle versioni precedenti.
  5. JEP 333 – Project ZGC: è un Garbage Collector (GC) sperimentale, ma prevedibile a bassa inattività, in grado di gestire insiemi di rifiuti che vanno da dimensioni relativamente piccole (poche centinaia di megabyte) a molto grandi (diversi terabyte).

Ora che Java 11 è disponibile, lo sviluppo è passato alla prossima release Java 12 (uscita prevista per marzo 2019). Attualmente sono previsti due miglioramenti mirati e altri da aggiungere mentre i lavori vengono completati.

Java continua ad essere il primo linguaggio scelto dai programmatori di software, con 12 milioni di sviluppatori in tutto il mondo. E, come Java 11 dimostra, la piattaforma è ben posizionata per lo sviluppo moderno e la crescita nel cloud, attraverso una continua e ponderata pianificazione e il coinvolgimento dell’ecosistema.

Condividi con i tuoi contatti!

M Missoni presenta il nuovo direttore creativo

Di Marco Caruccio

La direzione creativa di M Missoni è stata affidata a Margherita Maccapani Missoni. Il brand, dopo il termine del contratto di licenza con Valentino Fashion group, è tornato all’interno del gruppo Missoni incaricando Gilmar per la parte produttiva, e ora punta a riposizionare il proprio stile. La designer Maccapani Missoni si è occupata negli ultimi anni di altri progetti professionali, alcuni nel settore kidswear, e il suo ritorno in azienda sarà segnato dalla collezione primavera/estate 2020.

“Sono estremamente orgogliosa di esser stata identificata come la persona in grado di definire le future linee d’azione del marchio M Missoni. Avrò l’opportunità di determinare nuovi paradigmi e di imprimere una nuova direzione, forte dei valori e dell’estetica Missoni che vivo da sempre”, queste le parole della stilista.

Angela Missoni, Presidente e Direttore creativo dell’azienda, riaccoglie con gioia ed orgoglio Margherita nel Gruppo Missoni. “Con la sua creatività innovativa e la sua naturale comprensione dello stile, ha dato prova di essere una perfetta comunicatrice dei nostri valori. Sono sicura che le sue competenze saranno di grande rilevanza per il successo futuro di M Missoni”.

50 milioni di euro di fatturato, presente in 60 nazioni, oltre 700 punti vendita: questi i numeri della linea M Missoni, fondata nel 1998. L’intero gruppo ha oggi un fatturato di circa 150 milioni, esporta il 75% della propria produzione e conta circa 300 dipendenti. Di proprietà della famiglia Missoni per il 58,8% (il 41,2% è del Fondo FSI), ha come Presidente onorario Rosita Missoni, mentre Michele Norsa ricopre il ruolo di Vicepresidente.

Condividi con i tuoi contatti!

Oracle Autonomous Data Warehouse

By Chris Murphy | Director of Cloud Content

Dopo aver lavorato sull’Autonomous Data Warehouse di Oracle, Jim Czuprynski, esperto Database Architect e autore di diverse pubblicazioni sulle tematiche legate ai database, ci ha fatto sapere cosa ne pensa in merito. Larry Ellison, Presidente esecutivo e CTO dell’azienda, ha definito la nuova tecnologia “autogestita” e “una delle cose più importanti che abbiamo mai fatto”; queste riflessioni sono importanti anche per molti DBA che desiderano migrare ad un sistema autonomo, ma temono di perdere il lavoro.

Czuprynski riassume il nuovo software cloud in 3 parole: “niente più comandi”. Dettagliando la sua esperienza, Jim è sicuro che l’Autonomous Data Warehouse di Oracle sia in grado di mantenere la promessa di automatizzare gran parte del lavoro manuale speso nella creazione e gestione di un data warehouse; inoltre: elimina virtualmente gli errori umani, è continuamente aggiornato e corretto, può essere ridimensionato in modo che i clienti paghino solo per quello che usano e concede ai professionisti IT più tempo per creare nuove funzioni, piuttosto che limitarsi a mantenere e monitorare i database.

Un database autonomo per l’elaborazione delle transazioni e un data warehouse autonomo sono ora entrambi offerti da Oracle come servizi cloud.

“Avere meno comandi da azionare non è una cosa negativa – dice Czuprynski – Il fatto che la possibilità di sbagliare sia più bassa è un bene”. Ma ancora più importante dell’eliminazione dell’errore umano, è la considerazione sul ruolo dei DBA: “possono ora concentrarsi su quelle attività su cui non hanno mai avuto tempo di lavorare, aiutare gli sviluppatori a costruire applicazioni migliori. Possiamo finalmente portare il DBA in prima linea nella progettazione”.

I DBA sono preoccupati di cosa possa significare per loro questa transizione e Czuprynski, che in primo luogo ricopre il ruolo di database architect per Oracle alla ViON Corporation, comprende questa paura. Ritiene però che chi ha adottato nuove tecnologie di database, come interfacce visive e strumenti di monitoraggio avanzati, vedrà come un’opportunità il passo verso l’automazione del lavoro di manutenzione dei database.

“Molti DBA hanno paura dell’autonomia, ma io la vedo come un moltiplicatore di forze”, continua Czuprynski che, dal 22 al 25 ottobre, presenterà due sessioni sul tema all’Oracle OpenWorld di San Francisco: in una dedicherà l’incontro proprio all’Autonomous Data Warehouse e, insieme ai suoi co-presentatori, parlerà della sua esperienza. Come ogni cosa, però, ha i suoi punti di forza e punti da migliorare.

Grazie all’Autonomous Data Warehouse, un DBA non dovrà più spendere molto tempo a monitorare il database, ma ci sono molte informazioni per rassicurare i team IT che il DB funzioni correttamente e abbia risorse sufficienti. L’esperto ha rilevato una bella interfaccia che mostra CPU e I/O utilizzati, insieme ad altri dati sulle prestazioni. “È un po’ più minimale rispetto all’Enterprise Manager di Oracle o ad altri strumenti di monitoraggio delle prestazioni di terze parti, ma è più che sufficiente”, perché secondo Czuprynski il punto cruciale è che non è più necessario un professionista esperto nel monitoraggio di questi controlli.

Quando si desidera eseguire il drill down in una query SQL, è possibile ottenere un report su quella query con un solo clic mentre il data warehouse è in esecuzione (Vd. Immagine). Poiché l’Autonomous Data Warehouse di Oracle è basato sul cloud, l’infrastruttura può adattarsi automaticamente alle mutevoli richieste di carico di lavoro, permettendo ai DBA di concentrarsi maggiormente sul lavoro di front end dell’architettura dei dati e di costruire sistemi e query migliori.

“Sarebbe meglio che i professionisti dei database si preoccupassero di migliorare le istruzioni SQL, piuttosto che gestire lo storage o apportare modifiche che potrebbero rendere una singola query più veloce ora, ma poi avere un effetto deleterio su una dozzina di altre query in un secondo momento. Questo perché in un’infrastruttura automatizzata, se un’istruzione SQL continua a non funzionare, significa che è sbagliata”. A conferma della sua teoria, Czuprynski aggiunge che l’errore umano si potrebbe verificare anche quando il DBA, dopo aver risolto un problema, dimentica di riportare i comandi all’impostazione originale.

I DBA dovranno scegliere l’approccio migliore per caricare i loro dati. Un esempio potrebbe essere SQL Loader, che può essere richiamato tramite script a riga di comando o attraverso lo strumento gratuito di Oracle GUI SQL Developer. “Ci vuole spazio di archiviazione supplementare per conservare i file di input di SQL Loader, ma può essere facilmente superato utilizzando il Cloud storage di Oracle, che è relativamente economico per conservare i file mentre vengono caricati.” “Anche Data Pump potrebbe rappresentare una soluzione ma”, secondo Czuprynski, “la sintassi per l’importazione dei dati richiede una particolare attenzione ai dettagli quando si specificano i nomi dei file di origine esportati”.

In generale, dunque, il consiglio che Czuprynski dà ai DBA è di avvalersi dell’automazione e di provare la tecnologia del Database Autonomo di Oracle. I corsi che ha tenuto in passato come docente dell’Università di Oracle, in cui ha insegnato a più di 2.000 DBA, si sono concentrati molto su come ottimizzare i database e i data warehouse per ottenere le migliori prestazioni – compiti che ora svolgerà l’Autonomous Data Warehouse, lasciando loro più tempo per attività più di valore.

Condividi con i tuoi contatti!

Larry Ellison: Oracle leader nel cloud

Il Presidente esecutivo e CTO di Oracle, Larry Ellison, durante il meeting sulla situazione finanziaria del primo trimestre, ha rivelato che l’azienda si trova sulla buona strada per diventare il più grande fornitore di applicazioni cloud del mondo ed è pronta a guadagnare quote nel segmento delle infrastrutture cloud molto rapidamente. Sottolineando soprattutto il forte slancio nei due prodotti strategici che determineranno il loro futuro: l’ERP basato sul cloud e l’Autonomous Database Cloud Service.

L’ERP (Enterprise Resource Planning), che comprende le applicazioni che gestiscono i processi finanziari, di inventario e altri processi di core business, è il segmento più ampio del mercato delle applicazioni aziendali. Secondo quanto dichiarato nel comunicato stampa sugli utili del primo trimestre di Oracle dal CEO Mark Hurd, l’azienda conta quasi 5.500 clienti per i suoi servizi Fusion cloud ERP e più di 15.000 per NetSuite cloud ERP.

Durante il meeting, il CEO ha dichiarato che alcuni clienti si stanno rivolgendo ad Oracle per i prodotti ERP cloud per sostituire il loro software on-premise SAP o il software finanziario di Workday, un nuovo arrivato nel segmento cloud.

Airbnb, Legg Mason (entrambi per sostituire Workday), FedEx (l’unità TNT in Europa sta sostituendo il suo ERP SAP), Academy Sports, Federal Home Loan Mortage, Highmark Health, Noble, Saudi Telecom e lo stato del Nebraska: questi sono i nomi citati da Hurd dei clienti che si sono rivolti ad Oracle, nel primo trimestre, per la soluzione ERP cloud. Molti dei nuovi clienti, inoltre, stanno acquistando anche le applicazioni di gestione del capitale umano (HCM) e/o della supply chain.

“Una volta ottenuta la fiducia sull’ERP, l’opportunità di aggiudicarsi l’HCM e gestione della supply chain è molto alta”, ha detto Hurd.

Il nuovo Autonomous Database Cloud di Oracle è l’altro prodotto strategico menzionato da Ellison, con soluzioni di data warehouse e di elaborazione delle transazioni del database ottimizzate per funzionare sull’infrastruttura cloud di seconda generazione dell’azienda.

Oracle Database è già il database più popolare e tecnicamente avanzato al mondo e, come servizio cloud autonomo, è ora autogestito e indipendente. Non solo, ha affermato Ellison, funziona sostanzialmente meglio dei prodotti Amazon Web Services comparabili, ma è anche più affidabile, più sicuro e molto meno costoso da gestire.

Decide di migliaia di clienti del database di Oracle stanno iniziando a migrare i loro carichi di lavoro e a spostare le loro licenze su cloud, questo, secondo Ellison, porterà l’azienda a competere contro Amazon nel settore delle infrastrutture. “Oggi possiamo essere dietro Amazon nella quota di mercato delle infrastrutture, ma siamo molto più avanti di loro nella tecnologia cloud. Pensiamo che questo ci permetterà di guadagnare quote di mercato nelle infrastrutture cloud davvero molto rapidamente”.

I numeri generali

Per il primo trimestre dell’anno fiscale 2019, conclusosi il 31 agosto, Oracle ha riportato un incremento dell’1% del proprio reddito operativo (2,8 miliardi di dollari) rispetto al trimestre precedente, su un fatturato totale di 9,2 miliardi. I ricavi dei servizi cloud e del supporto alle licenze sono aumentati del 3% nel trimestre, raggiungendo i 6,6 miliardi di dollari. (Tutti questi sono numeri GAAP)

Safra Catz, CEO di Oracle, ha dichiarato che i ricavi per il business ERP cloud dell’azienda sono aumentati di più del 30%, mentre quelli delle sue business unit verticali del settore di oltre il 40% (ora superiore ai ricavi delle licenze software on-premise di tali unità). (Queste percentuali riflettono numeri non GAAP)

Il flusso di cassa operativo di Oracle ha raggiunto il record di 15,5 miliardi di dollari negli ultimi quattro trimestri.

Condividi con i tuoi contatti!

Il valore dei marchi di lusso torna a crescere nel 2018

 Il settore del lusso torna a crescere dopo due anni in ribasso. I marchi della moda e del lusso guadagnano posizioni e valore rispetto al 2017.

By Guest Author 

Secondo l’edizione 2018 di “Best Global Brands”, la classifica dei 100 brand globali a maggiore valore economico realizzata da Interbrand, Louis Vuitton è il primo marchio di categoria e si posiziona 18°. Guadagna una posizione dallo scorso anno, vede un incremento del 23%, portando il proprio valore a 28,15 miliardi di dollari, ed entra nella rosa dei Top Growing Brand, di cui fa parte anche Gucci. Quest’ultimo ha subito una crescita del 30% (12,94 miliardi di dollari) e si è classificato 39°, partendo dal 51° posto. Hermés mantiene la propria posizione (32°), ma registra una crescita del 15%, raggiungendo un valore di 16,37 miliardi. Migliora invece Dior, pur restando sul fondo della classifica (91°), arrivando a 5,22 miliardi di dollari (con una crescita del 14%). Chanel è una new entry, ma si posiziona subito 23a (valore di 20 miliardi).

Ci sono però brand del lusso, come Burberry (94°) e Prada (95°), e del fast fashion, come Zara (25°) e H&M (30°), che tra il 2017 e il 2018 hanno perso posizione in classifica. Solo Prada è riuscita comunque a registrare un incremento del 2%, salendo a quota 4,81 miliardi di dollari.

Come quest’ultimo brand, anche i big dell’hard luxury presentano la medesima situazione di incremento di valore anche a fronte di uno scivolamento di posizione. Cartier si posiziona 67°, ma aumenta dell’1% il proprio valore, ora di 7,65 miliardi di dollari. Tiffany perde due posizioni (83°), ma il suo valore sale a 5,64 miliardi (+5%).

Crescono invece i brand dello sportswear, Nike e Adidas. Il primo sale al 17° posto e registra un incremento dell’11% (30,12 miliardi), il secondo guadagna 5 posizioni (50°) e un +17% (10,77 miliardi).

In generale, quindi, il lusso diventa il nuovo Top Growing Sector registrando l’incremento maggiore (+42%), seguito da retail (36%), elettronica (20%), abbigliamento sportivo (13%) e servizi finanziari (10%).

Condividi con i tuoi contatti!

Come rivoluzionare gli investimenti IT?

By Lynne Sampson | Managing Editor

Cambiare i sistemi software aziendali può essere un'impresa notevole. Un'azienda con migliaia di dipendenti può avere migliaia di macchine da aggiornare, con decine o centinaia di configurazioni hardware diverse. Un reparto IT dovrebbe coordinare questi aggiornamenti con aggiornamenti simultanei ai server aziendali, che non solo aggiornano i sistemi, ma dovrebbero anche gestire i permessi di accesso a livello aziendale e le autorità di ruolo.

Una chiara comprensione di costi e benefici precede sempre l’impegnativa sfida di transizione tecnologica su scala aziendale. Il passaggio da sistemi ERP on-premise a sistemi cloud è invece talmente convincente che si parla di quando fare il cambiamento e non più del perché farlo.

Mark Hurd, CEO di Oracle, è uno dei principali sostenitori dei sistemi basati sul cloud e ha spesso parlato degli alti costi di manutenzione dei sistemi on-premise, portando dati a sostegno delle proprie argomentazioni.

“Quelle per l’IT possono essere il 10, 12, 14 o 15% delle spese totali dei nostri clienti” affermava Hurd lo scorso anno a Recode Decode. In un articolo pubblicato quest’anno su LinkedIn ha sottolineato anche che “l’80% della spesa IT va alle attività tradizionali, come l’aggiornamento delle applicazioni e l’integrazione di componenti non corrispondenti che non sono mai stati progettati per lavorare insieme nella macchina di Rube Goldberg, alle attività di tuning, test, monitoraggio, patch e manutenzione. Un altro 5% viene speso in applicazioni di sicurezza informatica e adattamento ai nuovi requisiti di conformità".

Vedendo questi numeri, qualsiasi CFO prenderebbe in considerazione la possibilità di tagliare le spese. Un CTO o CIO indirizzato verso l’innovazione vorrà investire più budget destinato all’IT nello sviluppo per il futuro piuttosto che nel consolidamento del passato.

Mantenere la tecnologia di ieri può diventare un grande ostacolo alla produttività dell’azienda. “Alcune delle applicazioni stesse hanno vent'anni... pensate a questo, applicazioni costruite vent'anni fa che cercano di affrontare i problemi di oggi”, ha considerato Mark Hurd in un’intervista con Forbes. La semplice transizione da un sistema ERP on-premise ad un altro potrebbe non necessariamente superare i costi di commutazione dell'abbandono del software in cui il personale IT di un'impresa ha accumulato anni di esperienza, una serie di personalizzazioni e molte funzionalità aggiuntive uniche.

Qui si vedono i vantaggi di un sistema ERP cloud. Uno studio condotto da Nucleus Research ha rilevato un ritorno sull’investimento in implementazioni in cloud 3,2 volte superiore rispetto a quello delle applicazioni on-premise e costi totali di proprietà inferiori del 52%.

Molti dirigenti aziendali potrebbero pensare a costi di transizione significativamente superiori rispetto a quelli reali di passaggio ad un ERP cloud. Blue Shield of California, per esempio, ha stanziato 600.000 dollari per la transizione da ERP locale a cloud, per poi spendere effettivamente una cifra irrisoria, nonostante il passaggio abbia coinvolto più di 6.800 dipendenti. Un’azienda con sedi in più di uno stato, con molti più dipendenti, quindi, potrebbe risparmiare milioni di dollari in costi di gestione della transazione passando al cloud.

Condividi con i tuoi contatti!

Cybersecurity: nuovo incentivo per l’adozione del cloud

IDC: aumentano le aziende che adottano soluzioni cloud con lo scopo di ridurre al minimo il rischio di attacco informatico e adeguarsi alle nuove regolamentazioni sulla privacy.

By Guest Author

Da un report di quest’anno di IDC, emerge che il rischio di cyberattacco diventa motivo di adozione di servizi cloud da parte delle imprese, insieme alla necessità di adattarsi ai nuovi regolamenti in materia di trattamento e protezione dei dati. Questo significa concepire nuove relazioni con gli operatori specializzati in ambito cloud e garantire responsabilità, tecnologie e competenze necessarie per fronteggiare il problema della sicurezza informatica.

“Sempre più aziende stanno in effetti spostando carichi di lavoro e applicazioni sul cloud pubblico proprio con l’obiettivo di ridurre al minimo sia il rischio sia le conseguenze di un attacco informatico”, scrive la società di analisi.

Più del 40% delle imprese, su un campione di oltre 5.000, vede la maggiore sicurezza come incentivo per servirsi di soluzioni cloud. Insieme alla sicurezza citano la maggiore agilità e flessibilità per il business.

Questo evidenzia la maggiore consapevolezza acquisita dalle aziende in materia di cloud. Così come mostra il livello di protezione e sicurezza dei dati garantito dai cloud service provider.

Le aziende, però, continuano a considerare la sicurezza, la definizione dei service level agreement (SLA) e il rischio di downtime le maggiori criticità. Ma anche in questo caso IDC afferma che la tendenza è positiva e il livello di preoccupazione in discesa. Dal 2017 al 2018, infatti, la sicurezza del cloud avvertita come principale criticità dalle imprese è scesa di cinque punti percentuali, raggiungendo il 45%.

Condividi con i tuoi contatti!

Foodation sceglie Oracle per crescere a livello internazionale

By Guest Author

Quali obiettivi intraprendere? Semplificare l’operatività per accelerare i tempi di servizio, migliorando l’esperienza offerta ai clienti; tre obiettivi fondamentali per qualsiasi azienda del settore dei servizi, in particolare per una realtà che si occupa di ristorazione fast-casual (il cui concept unisce la qualità di un normale ristorante con la praticità e la semplicità di un fast food). Un esempio di questa nuova tendenza è Foodation, azienda italiana che progetta e realizza ristoranti seguendo questa filosofia in tutta Europa e che ha scelto la soluzione Oracle Hospitality Simphony Cloud per i suoi locali.

Foodation aveva bisogno di una piattaforma tecnologica che potesse supportare la sua crescita strategica, avendo già una decina di strutture avviate e pianificando un’ulteriore espansione a livello internazionale; in particolare, questa piattaforma doveva essere in grado di offrire una visione unificata di tutti gli aspetti operativi dei vari locali. Inoltre, non meno importante, l’azienda voleva aumentare la sua efficienza, scegliendo una gestione più centralizzata, e puntava ad avere  disposizione migliori funzionalità e a rendere più moderna e soddisfacente l’esperienza per i suoi clienti.

Per rispondere in modo più efficace a tutte queste esigenze, Foodation ha scelto di affidarsi all’esperienza e alle soluzioni tecnologiche di Oracle Food and Beverage

“Nei prossimi cinque anni abbiamo non solo l’obiettivo di espanderci a livello internazionale, ma anche quello di posizionare i nostri marchi tra i ristoranti “da non perdere” in tutta Europa; Oracle Hospitality Symphony Cloud ci aiuta a ottenere tutto questo” ha detto Riccardo Cortese, CEO di Foodation. “Questa soluzione ci offre una base affidabile su cui costruire la nostra crescita e ci aiuta a semplificare la nostra operatività, avendo una visione complessiva e unificata del nostro business. Prima dell’implementazione potevamo avere questi dati soltanto su base settimanale; oggi usando una app semplice e facile da usare, Oracle Micros InMotion, possiamo accedere alle informazioni che ci interessano in tutti i nostri ristoranti, con la frequenza che preferiamo”.

In un mercato competitivo come quello odierno, i ristoranti devono essere non solo più veloci ma anche più smart, solo così possono soddisfare le aspettative sempre più elevate dei clienti” ha dichiarato Chris Adams, vice president strategy, Oracle Food and Beverage. “Oracle Simphony Cloud permette di far fluire l’operatività aziendale in modo più coeso, efficiente, profittevole – e migliora allo stesso tempo in modo molto significativo l’esperienza dei clienti”.

Per questo Oracle Food and Beverage viene scelto da tante aziende del settore, che vogliono innovare i propri strumenti di gestione per crescere e migliorare l’esperienza dei propri clienti.

Creare un business case per pianificazione e budgeting

By Jennifer Toomey | Senior Director, Cloud Business Group, Oracle

La tecnologia sta creando nuovi ambiti di innovazione nella pianificazione e nel budgeting. In un’epoca in cui sopravvivono solo le realtà più dinamiche, le aziende hanno bisogno di evolversi e, per farlo, sempre più spesso si rivolgono al cloud.

In una recente indagine di APQC, gli intervistati del settore finanziario hanno dichiarato di dedicare quasi la metà del tempo all’elaborazione delle transazioni e al lavoro manuale, come il pagamento e l’invio delle fatture o altre operazioni di routine.

In un mondo in cui la pianificazione strategica e le intuizioni basate sui dati non sono mai state più importanti come oggigiorno, sarebbe utile sfruttare il lavoro dei dipendenti in altre attività, piuttosto che nei compiti finanziari più ripetitivi.

Le aziende lungimiranti stanno constatando che il cloud risolve molti di questi problemi. Passando al Planning and Budgeting Cloud di Oracle, per esempio, l’azienda Flying Tiger Copenhagen ha scoperto di avere un risparmio di 20 giorni all’anno, semplicemente sostituendo la raccolta e il caricamento di fogli di calcolo con l’inserimento automatico dei dati e dei flussi di lavoro. Questo risparmio si traduce in più tempo che analisti e revisori aziendali possono dedicare a lavori che contano di più. Sono stati anche in grado di ottenere un controllo più rigoroso dei budget nei 30 mercati di riferimento e di snellire i processi di budgeting e forecasting man mano che aumentavano.

Non dover mantenere costosi sistemi informatici on-premise, con applicazioni cloud che vengono adattate automaticamente ogni mese agli ultimi aggiornamenti, costituisce un ulteriore risparmio. Cospicui investimenti in hardware o IT non sono necessari. L’integrazione con Oracle ERP Cloud è infatti di serie e la migrazione dai sistemi esistenti molto semplice, limitando così la barriera all’ingresso.

In breve, il cloud è diventato essenziale per la sicurezza futura delle aziende, per stare al passo con la concorrenza e per rientrare nei costi.

Quanto puoi risparmiare?

Oracle ha creato il nuovo Calcolatore di Pianificazione e Budgeting per scoprire quanto richiede la realizzazione di un business case per l’innovazione.

Inserendo semplicemente alcuni dettagli sulla vostra attività, vi verrà mostrato quanto Oracle Planning Cloud può giovare ai vostri profitti. Questo strumento consente di suddividere i risparmi in cinque aree:

  • - Maggiore produttività della forza lavoro
  • - Riduzione dei rischi (costo delle spese non pianificate)
  • - Aumento del margine di profitto decisionale
  • - Riduzione dei costi del capitale operativo
  • - Miglioramento della qualità delle analisi per incrementare le entrate

Un report personalizzato ti permetterà inoltre di approfondire maggiormente e avrai la possibilità di analizzare una serie di casi di studio, video e articoli utili.

Scopri quanto il cloud può farti risparmiare con il Calcolatore di Pianificazione e Budgeting.

Fashion retail: le tre fasi della trasformazione digitale

By Guest Author

 

Con l’esplosione di internet, il fashion retail ha subito diversi cambiamenti e ha affrontato numerose sfide, come la creazione di una customer experience omogenea su tutti i canali. Si possono evidenziare tre fasi che guidano la trasformazione digitale per tutti i brand del settore, anche se solo alcuni di essi le hanno già attraversate. La differenziazione sul mercato resta l’obiettivo più importante, perseguito rafforzando la propria Brand Identity e implementando una “Proposta d’Innovazione Esclusiva”.

Fase 1: La centralità del cliente

Non solo i fashion retailer devono porre il cliente al centro delle proprie strategie, ma tutta l’azienda dovrebbe spostare il proprio focus dal prodotto al consumatore. Sono gli stessi clienti, infatti, a pretendere ormai una qualità sempre più alta dei servizi da parte dei brand, che non detengono più il controllo della relazione con i primi e della gestione della supply chain. I clienti devono riuscire a raggiungere le aziende del fashion in modo semplice, indipendentemente dal canale. In una strategia che mette il cliente al centro, servizio eccellente, disponibilità in tempo reale delle scorte e visione a 360 gradi del cliente sono di fondamentale importanza.

 

Fase 2: Unificare le strategie digitali e i modelli di business su tutti i punti di contatto

La prima sfida che le aziende con una visione cliente-centrica devono affrontare è la necessità di unificare le strategie in-store con quelle online. Ma questo significa che l’e-commerce debba essere considerato una componente di business che genera profitto. Se e-commerce, marketing e IT non cooperano, i punti di vendita fisici, non importanti per gran parte dei consumatori digitali, potrebbero chiudere. Con la presenza di un’attività all’ingrosso, è necessario che buyer e responsabili marketing di questi brand collaborino per digitalizzare lo showroom e offrire ai clienti B2B un sito per fare acquisti pre-stagionali o per modificare gli ordini già effettuati, solo in determinati periodi di tempo. Digitalizzare le operazioni significa, per le aziende del settore, diventare più efficienti nella produzione delle collezioni e permettere ai grandi retailer di anticipare le tendenze, se la produzione è collegata alle attività rivolte direttamente al cliente. Un orientamento omnicanale rivolto al cliente e una dashboard digitale per le decisioni strategiche sono i fattori chiave nel processo di unificazione delle strategie in-store e digitali.

Fase 3: Il cliente multidimensionale

Nella seconda fase i brand si focalizzano sui dati, ma nella terza è fondamentale utilizzarli al meglio, con lo scopo di far emergere dei trend e anticipare così il comportamento dei clienti. Questi ultimi difficilmente offrono il proprio consenso al trattamento dei dati, soprattutto per comunicazioni di scarsa qualità ed efficacia, perché vogliono che la privacy dei propri dati personali venga garantita. Allo stesso tempo, però, si aspettano un alto livello di personalizzazione e che i brand del fashion siano “imprese intelligenti”, che offrano loro un servizio eccellente e coerente con il contesto e con il loro ciclo di vita. Si parla quindi di CRM di quarta generazione, che coinvolga direttamente e in maniera efficace i clienti e che non ne tenga solo traccia. In nessun altro modo saranno in grado di primeggiare sul mercato.

Una “Proposta d’Innovazione Esclusiva” attraente per i clienti, sia attuali che potenziali, diventa dunque una priorità per i fashion brand, che devono inoltre essere in grado di coinvolgere al meglio il nuovo consumatore della moda per creare esperienze sempre più eccezionali. Le aziende che percorreranno anche questa terza fase della trasformazione digitale otterranno maggiore fiducia e fedeltà al brand da parte dei consumatori “multidimensionali”.

Condividi con i tuoi contatti!

Top